martedì 11 dicembre 2012

L'ENERGIA DEL PADRE E LA RESA DEGLI INSEGNANTI





Lo stato di salute presente e prossimo venturo della propria nazione si misura bene, a mio avviso, dallo stato della sua pubblica istruzione.
Mio figlio frequenta il liceo. Ha qualche problemino ma complessivamente va benino. La sua carriera scolastica attuale può riassumersi, in effetti, dentro il suono odioso di un diminutivo: benino. Eppure la sua multiforme intelligenza sarebbe pronta ad esplodere, se solo trovasse una miccia. Sotto questo profilo l’energia del padre(e della madre)può fare qualcosa, diciamo: qualcosina. Ma per varie ragioni, tra cui il fatto di essere il padre nell’età in cui il padre si abbatte o comunque si combatte, il padre non può essere la miccia. La miccia può essere un professore. Un docente, un educatore. Uno, o una, che avesse l’energia di trascinarti dentro il gorgo della sua materia, al punto da farti assaporare per la prima volta il gusto del sacrificio, necessario per grattare la superficie opportunistica del voto sufficiente o scuotere l’indolenza del tedio.
Non ne ho trovato uno. Sono un illuso? Di sicuro, sono un deluso. Alcuni sono tecnicamente padroni della materia e tanto gli basta, altri sono severi come sempre sono stati e sempre saranno, altri pretendono un impegno che non restituiscono ed altri ancora si sforzano di spiegare un paio di volte, sempre allo stesso modo, qualcosa che lo studente ha detto di non avere capito – lo dice due volte, peraltro, perché dalla terza volta l’incarico di spiegarlo viene affidato a qualche compagno bravo, che minaccia il compagno tonto: zitto e taci, non ho più voglia di uscire fuori per colpa tua.
Quello che non ho trovato è la passione. Pretendo troppo, dite? Pretendo troppo da una categoria di professionisti sottopagati, precarizzati, non formati e non premiati? Può essere. In realtà una l’ho trovata, e le ho chiesto di usare l’intelligenza emotiva per parlare coi ragazzi, ma anche con i suoi colleghi, che mi sono sembrati spaventosamente arresi. Mi ha detto che ci proverà, ma che non posso pretendere che un docente insegni ad un ragazzo quello che la scuola non ha mai insegnato a lui: la pedagogia, l’empatia. I professori sono laureati in una materia, stop. Questo sono, mi ha detto con disarmante naturalezza, come enunciando una legge fisica. E lei? Le ho chiesto. Io mi sono formata da sola, mi ha risposto.
Anch’io sono andato al liceo. Non è stata una passeggiata e non mi ha salvato(anzi) da un anno buono di depressione, e non cadrò nella trappola di dire che trent’anni fa era meglio, perché è un discorso nostalgico da persona anziana, ed io non voglio essere una persona anziana. Però mi ricordo, in mezzo a molta mediocrità, anche di una manciata di docenti imperfetti, umani troppo umani, pieni di simpatie ed antipatie ma genuinamente appassionati, a volte ossessionati, dalla loro materia, fino al punto da farmene appassionare, o addirittura ossessionare.  Nessuno gli aveva insegnato la pedagogia, a questo manipolo di pazzi che hanno segnato la mia adolescenza. Adesso non ne vedo in giro, di pazzi come questi. Se però ne conoscete qualcuno, presentatemelo. Io e mio figlio ne avremmo un gran bisogno.

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