martedì 21 agosto 2012

IN MORTE DELL' EDITORIA

Non sono abituato a parlare di qualcosa che non mi piace. Preferisco parlare di quello che mi piace. L’esercizio della denigrazione richiede una certa misura, altrimenti suona come una pratica di pura frustrazione, oltre a regalare pubblicità gratuita alla cosa detestata.
Per questo è con una certa titubanza che spendo qualche riga per parlare dell’ attuale “industria” editoriale e dei suoi derivati.
Mandi un testo e nessuno ti risponde. Ripeto, nessuno. Facesse pena, capirei. Possibile, per carità, ma non è quello il problema. Per ricevere una diagnosi del genere bisogna che qualcuno lo legga, il testo.  Invece non lo legge nessuno. Eppure il web è foderato di editori e servizi di lettura, valutazione, editing. Tutti a pagamento, dal primo al quarto. Recensori, editors ce ne sono che ti rispondono, anche rapidamente. Curiosamente la loro recensione del testo consiste in una perifrasi della tua sinossi, oppure in una rielaborazione delle prime dieci pagine. E ti pubblicano o ti recensiscono, se paghi tu. In anticipo, ovviamente. I più fantastici sono quelli che ti dichiarano, con l’aria di chi ha schifo di uno straccio sporco, di non recensire opere edite a pagamento.  Se passi il vaglio perché il tuo editore non è nella lista nera, ti chiedono loro 200 euro per parlare della tua opera. Forse ragionano bene, però: se hai già speso soldi per pubblicare il tuo libro non ne hai più per pagare loro.
Per carità, ci sono anche gli editori con una reputazione che riempiono le vetrine delle librerie coi loro titoli: storie di serial killer scandinavi, monasteri e trafficoni col cilicio, vampiri e casalinghe che fantasticano di farsi sbattere da un miliardario giovane e bello.

Per accedere ad uno di questi editori devi essere figlio, fratello o moglie o amante(anche occasionale) o qualcosa di molto simile del socio finanziatore. Oppure devi essere Pupo.  
Oppure, dicono, devi partecipare ad un concorso letterario. E possibilmente vincerlo. Uno dei modi puliti per uscire dall'anonimato. Io ne ho fatti un paio.  A pagamento, naturale. Quello che ha vinto, con lo stesso libro ne aveva vinto un altro l’anno prima. Giuro. Per la cronaca, peraltro, nessun editore con una reputazione gli ha editato il testo – lì non ho potuto dar loro torto, almeno stando alla paginetta del romanzo vincitore che sono riuscito a leggere su internet.
Lo so, ho fatto di tutte le erbe un fascio. Mi serviva come espediente retorico – mi perdoneranno i capaci e limpidi di ogni categoria, gli Eraldo Baldini, gli Stefano Santarsiere, le Daniela Domenici, i Luciano Sartirana. Tuttavia quando la media delle esperienze è così statisticamente prossima a questa rappresentazione estrema, ritengo(ed auspico) che la scomparsa dell’editore del ventesimo secolo sia solo questione di (poco) tempo. E non solo perché siamo già nel ventunesimo, di secolo, ma anche perché il suo ruolo di selezione ed educazione culturale è divenuto talmente residuale da essere sostanzialmente impercettibile.
Non avrei mai pensato di inneggiare ad una spietata corporation, ma piuttosto che questa roba, evviva l’autopubblicazione digitale con Amazon.  

6 commenti:

  1. Salve Nicola,
    non posso che condividere le tue osservazioni sul mondo editoriale italiano. Vorrei aggiungere -se posso- che l'editore inteso come promulgatore culturale è già sparito da tempo, altrimenti dovremmo accettare che sia definibile "cultura" il contenuto di certi libri che sono spesso ai primi posti delle classifiche, come ad esempio è avvenuto in questa ultima estate. Ormai il clichè sembra essere lo stesso da qualche decennio; ogni tanto una scrittrice improvvisata scopre i suoi talenti sessuali e questi divengono bestsellers. Lo diventano -a mio parere- non tanto perché siano libri che sopperiscano a qualche "falla" culturale e quindi siano particolarmente richiesti (in fondo si tratta sempre delle stesse cose trite e ritrite..) ma solo perché i lettori "comuni" si gettano su qualunque cosa faccia mostra di se nella vetrina in primo piano e negli elenchi dei bestseller. In realtà se questi libri sono tanto venduti è per via di un quasi-perverso meccanismo mentale: è come quando si sparge la voce che c'è una moda, in realtà quella moda ancora non c'è, ma lo diventa in breve tempo perché gli si da seguito. Quando invece si hanno gusti e cervello propri e non in subaffitto, si cercano le cose che si vogliono e non quelle imposte, e se imparassimo tutti questo semplice concetto non ci lasceremmo più ingannare dai concetti di "moda" e di "bestseller". Un mio piccolo "sfogo" in proposito lo puoi trovare qui: http://gufobubo.blogspot.it/2012/07/come-scrivere-o-non-scrivere-un-libro.html
    Ma ci sarebbe davvero tanto da dire, tanto che bisognerebbe scriverci dei libri.. Ecco, concettualmente questo sarebbe un serpente che si morde la coda!
    Ciao e grazie.

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    1. Marcello, non sono uno snob. Non vado matto per la distinzione tra ciò che è cultura e ciò che non lo è. Inoltre sono anche-perversamente-affascinato dai meccanismi commerciali che stanno dietro la creazione di certe mode. Il mio punto non è questo. Il mio punto riguarda piuttosto le logiche che governano la selezione editoriale:logiche nepotistiche, clientelari, oppure di puro e semplice scambio prestazione in cambio di denaro. Un fenomeno credo soprattutto italiano, anche se non esclusivamente.

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  2. Caro Nicola,

    ho molto apprezzato le tue parole e condivido in pieno la difficoltà a pubblicare, promuovere o farsi recensire oggi.
    Ti aggiungo un caso che forse non ti è nuovo ma che rende l'idea di chi se ne approfitta degli autori emergenti, che tentano di muoversi in un mondo, come quello dell'editoria, che è in piena crisi (e dove esistono più scrittore che lettori, quasi!). E' il caso di quelle case editrici che accettano qualunque romanzo (anche quelli senza alcun filo logico!) proponendo pubblicazioni a prezzi assurdi che altro non sono che mere stampe di un libro, senza alcuna assistenza nella promozione seria dell'opera.
    Forse servirebbero articoli come i tuoi, in ottica però propositiva, che aiutassero gli autori emergenti a muoversi in questo settore marcio.
    Ci si può lavorare ;)
    Un saluto!
    Giovanni.
    http://giovannigarufibozza.wordpress.com/

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    1. Giovanni, conosciamo questi fenomeni. Ormai, muovendoci da alcuni anni nei meandri dell'editoria, li conosciamo.Vero che ci sono molti sedicenti scrittori, vero che non ci sono moltissimi lettori. Vero soprattutto che la sudditanza degli editori alle regole della società televisiva e del gossip relega gli scrittori nuovi dentro gabbie di marketing che li fanno emergere come pure proiezioni televisive o cinematografiche. Ma vero sopra a tutto il resto che sono i rapporti, le relazioni a fare la differenza. In questo un ruolo, credo, fondamentale lo giocano le agenzie letterarie.

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  3. Ciao Nicola. Condivido la tua analisi, nella sua crudezza e crudeltà, e mi piace, come sempre, il modo in cui l'hai sviscerata. Credo che lo spartiacque sia proprio la parola "selezione". Non ritengo possibile la sparizione del ruolo di "editore", ritengo invece possibile la sparizione di tutti i sedicenti editori, piccoli, medi e grandi, che della selezione non fanno il proprio dogma professionale. Rispetto a una decina di anni fa, e lo dico per esperienza indiretta ma vissuta, la selezione esiste ancora, però oggi è selezione naturale. Se prima, infatti, la grande editoria era disposta a investire su processi di selezione a scatola chiusa (manoscritti presentati), poiché quei manoscritti arrivavano di per sé già in un certo senso selezionati (il panorama degli scrittori, più o meno esordienti, più o meno affermati, era assai ridotto confronto a oggi), a nostri giorni comprendo la necessità del grande editore di "attendere", data l'enorme quantità di offerta editoriale (diciamocelo francamente, di norma di livello medio bassissimo o comunque non eccelso). Attendere che un autore sappia farsi un pò di luce da solo, attraverso l'autopromozione (cosa ben diversa dall'autopubblicazione), i premi, i propri lettori. In sostanza, oggi si arriva a essere valutati (ed eventualmente selezionati) non soltanto con l'invio di un manoscritto anonimo, ma dopo percorsi di pubblicazione, di livello inferiore, che in qualche maniera hanno già presentato, se non consacrato, un testo e un autore. Sono sufficientemente convinto del fatto che non andranno a sparire gli editori che fanno selezione, a qualsiasi livello, ma che piano piano l'autopubblicazione subirà un processo di decremento di utilizzo e gradimento, poichè si sta dimostrando da tempo, oltre che il vero male dell'editoria, una fucina infinita d'immondizia narrativa.

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  4. Alessandro, mi auguro che tu abbia ragione. In Italia mi è capitato talmente tante volte, ed in tutti gli ambiti della vita, di vedere andare avanti le "relazioni" a discapito dei meriti, che il mio disincanto è diventato cinismo. Non mi sfugge l'importanza delle relazioni: mi spiace molto che in questo paese valga così irragionevolmente la rete di relazioni ereditata, come un patrimonio immobiliare, da genitori o parenti influenti. E' una selezione del censo, della cosiddetta classe dirigente, in senso lato, che estende le sue mortifere maglie ben oltre il lecito, occupando la vita pubblica e privata della gente e condizionandone le opportunità ed il futuro. Basta parlare con tanti dei cervelli emigrati all'estero(altra fortuna, quella di avere i mezzi x farlo)per avere conferma che sto scoprendo l'acqua calda.

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