Non sono passate 48 ore e il cucchiaio di Pirlo è già diventato un archetipo. Un esempio di follia artistica, calcolo(come può una follia contenere un calcolo?)ma soprattutto un formidabile saggio di psicologia collettiva.
L’Italia domina in lungo e in largo l’Inghilterra per 120 minuti, rivoltandola come un calzino, stropicciandola e stirandola. Un piccolo particolare: in questi 120 minuti di dominio territoriale, tattico e tecnico (quasi) assoluto, non riesce a segnare un solo gol. L’esito della gara deve quindi essere affidato alla cosiddetta lotteria dei calci di rigore. Una lotteria alla quale gli inglesi arrivano con il cuore leggero, consapevoli come sono di non avere nulla da perdere, perché la partita l’hanno già strapersa sul campo, ma senza uscire sconfitti – perché il calcio è un gioco bastardo, e l’Italia di questa bastardaggine ha profittato più di una volta.
Tutti sanno che queste sono le condizioni ideali per decretare la vittoria ai rigori di Davide contro Golia, o comunque della squadra che è arrivata fin lì scampandola bella per tutta la dannata partita. E’ successo tante di quelle volte. Una a nostro favore, eclatante: Olanda-Italia, Europei del 2000. Ci hanno preso a pallate per 120 minuti e alla fine abbiamo vinto noi ai rigori, in casa loro, e si vedeva già dalla faccia dei giocatori che avremmo vinto noi. Loro atterriti, schiacciati dal peso della responsabilità di non avercela fatta. Noi leggeri, irridenti e scanzonati come dei ragazzini che l’hanno fatta franca.
Torniamo a Inghilterra-Italia. Dopo due rigori siamo già sotto di uno, naturalmente. Il nostro secondo tiratore la butta fuori. Il portiere inglese è carico come una mina, si agita e mulina le braccia per disturbare l’avversario, intimidirlo, schernirlo. Quando l’italiano tira, lui si lancia come una scheggia verso un lato della porta, e indovina sempre dove va la palla. Se va avanti così non ne metteremo più uno.
A questo punto tocca ad Andrea Pirlo. Mentre il portiere albionico scatta già verso la prossima parata, bombato di boria e adrenalina, e noi tutti(giocatori, tifosi, giornalisti e parenti) siamo già sicuri di aver perso, Pirlo sistema il pallone sul dischetto pestando una zolla con aria appena infastidita, per dare soddisfazione all’arbitro che gli ha intimato chissà che stupidaggine, in quel momento.
Non so se avete presente la faccia di Pirlo. Se attorno a lui all’improvviso scoppiasse la terza guerra mondiale, lui alzerebbe impercettibilmente le spalle e continuerebbe a fare quello che ha deciso di fare: tipo un corner a favore del suo portiere o un dribbling uno contro tre nella propria area. Una cosa irragionevole(curioso che lo chiamino il ragioniere), fatta con la solita faccia impassibile e leggermente smaronata di uno che è uscito a buttare la spazzatura.
Pirlo prende una rincorsa breve, indolente, indifferente. Quando arriva sul pallone è come se spingesse un tasto che blocca il tempo, lo sospende per un attimo. Il tempo necessario affinché il portiere albionico si libri in volo. Lui lascia volare sulla destra il figone biondo e con un tocco sotto felpato, assurdo, dirige la palla lentissima al centro della porta, dove anche un bambino, rimasto fermo, l’avrebbe presa. Mentre entra bradipo, centrale, sulla sinistra del pirla in volo, il pallone ha tutto il tempo di voltarsi verso di lui e fargli una puzzetta.
Questa esecuzione dal dischetto non vale uno, vale dieci. Junghianamente l’intero quadro psicologico della vicenda si ribalta. Gli italiani da lividi che erano si scoprono spavaldi ed è come si destassero tutti assieme da un incubo. All’improvviso si chiedono come hanno fatto ad avere così paura di questi pivelli catenacciari che si fanno fregare come dei gonzi. Gli inglesi all’improvviso scoprono che stavano davvero sognando: sognavano di essere furbi, ma scoprono di essere dei coglioni.
Da quel momento tutto cambia. Gli inglesi, acquisita consapevolezza della loro pirlaggine, non beccano più la porta ed io, mentre si avvicina al dischetto, sono matematicamente sicuro che Ashley Cole lo sbaglierà, il rigore e lo dico anche – ho i testimoni. Ad essere sincero non prevedo esattamente tutto, perché anche nel mio immaginario più folle mai avrei pensato che Gianluigi Buffon gliel’avrebbe addirittura bloccato, il tiro.
Adesso ho veramente capito perché Pirlo guadagna uno stipendio così irragionevole. L’irragionevole stipendio di Pirlo è la somma di ogni singola ricevuta fiscale fatta, in qualità di psicoterapeuta, ad ogni singolo giocatore, allenatore, tifoso fisico o televisivo lì convenuto in quell’istante. Considerato che parliamo di circa 22 milioni di persone non è nemmeno caro. Di solito prendono minimo 45 euro a cranio.
Splendido, divertente, bellissimo... Mi sono divertito da matti a leggere questo articolo, lucida cronoca di ciò che tutti noi, quella sera, abbiamo vissuto.
RispondiEliminaStupendo articolo Nicola! Complimenti, mi hai fatto staccare la spina leggendolo .-)
RispondiEliminaPirlo lo ha fatto con una intenzione precisa, perché sapeva che avrebbe motivato Buffon prima e poi gli altri calciatori italiani che avrebbero calciato il rigore, mettendo gli spagnoli in una sorta di sudditanza psicologica... supercampione Pirlo, Micheal Jordan e Mohammed Alì facevano queste cose
RispondiEliminasono d'accordo. Solo un campione assoluto è capace di questi lampi di follia che modificano la carica elettrica dell'atmosfera e delle persone.
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